Come sopravvivere al Primavera Sound Festival

Allora, alle 20.40 iniziano i Warpaint sullo stage Heineken, li possiamo sentire per 40 minuti, poi andiamo dallo stage Atp perché alle 21.40 ci sono i Neutral Milk Hotel; lì sentiamo le prime tre-quattro canzoni e poi corriamo al palco Sony perché alle 21.50 inizia St.Vincent, poi Queens of the Stone Age all’Heineken e indietro al Sony per gli Arcade Fire!”.

Ecco come NON affrontare il Primavera Sound di Barcellona.

Un’esperienza imparata sulla mia pelle di emozionatissimo novizio – ancora dopo un mese non mi sono tolto il braccialetto per l’ingresso – a quello che probabilmente è ormai il miglior festival musicale del Continente _ Albione esclusa, ovviamente.  Nelle prossime righe tenterò di costruire un piccolo vademecum per coloro che nei prossimi anni vorranno tentare di affrontare la tre giorni catalana; un piccolo corso di sopravvivenza, fatto anche di qualche rinuncia dolorosa, che vi farà magari perdere qualcosa, ma che potrebbe rendere ancora migliore un’esperienza davvero imperdibile per gli amanti della bella musica. Bon viatge!

 

LA PARTENZA

primaverasound

Primaverasound!

 “Oh, senti qua: prendiamo la Panda a metano e ci facciamo tutta la costa ligure, la Costa azzurra, un po’ di Provenza, facciamo il bagno e poi arriviamo a Barça belli carichi e risparmiamo!”

La via del “portolano” è forse la più affascinante, ma è bene ricordare che Barcellona (dall’Italia) si trova più o meno alla stessa distanza di Berlino o Parigi e che a maggio in Francia e in Catalogna non ci sono sempre 30 gradi e…spesso piove! La buone vecchie compagnie low cost offrono diversi voli a prezzi modici, basta prenotare con buon anticipo.

DOVE ALLOGGIARE

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Barcellona

“Andiamo a Gràcia, andiamo a Gràcia, che è pieno di hipster e di localini fighi!”.

Vero, il “quartiere berlinese”, nonché gayfriendly di Barça è una vera Disneyland per i giovani visitatori che si identificano come “indie type”, ma, essendo una zona residenziale delle prima periferia e ormai alla moda, non è così facile trovare una buona sistemazione a cifre accessibili. Più abbordabili sicuramente i b & b del Raval, nella città vecchia, o magari nella zona di Barceloneta, tutti ben collegati con la zona del Forum, e che consentono qualche brunch “turistico-esplorativo” nel cuore della Barcellona storica, prima di rituffarsi nel vortice dei concerti. Considerando che nel 2013 il festival ha avuto una media giornaliera di più di 60mila spettatori, conviene muoversi con qualche mese di anticipo…. se non si vuole rischiare di finire in un ostello a Badalona.

I collegamenti col festival sono assicurati da metro, tram e autobus…per quanto riguarda il viaggio d’andata e al sabato, mentre giovedì e venerdì per il ritorno, preparatevi a una sfida all’ultimo sangue per la conquista di un posto in taxi o in autobus (non proprio tantissimi).

IL FESTIVAL

Ottanta concerti distribuiti in 12 ore, con partenza alle 17 e fine alle 5 del mattino. Questa la spaventosa schedule di ognuna delle tre giornate principali del festival (che sarebbero sei in totale, contando gli eventi sparsi in tutta la città). Quindi mettetevi l’anima in pace: è IMPOSSIBILE vedere tutto. Bisogna fare delle scelte, per quanto dolorose queste possano essere.

Slowdive, foto di Valisena

Slowdive, foto di Valisena

I palchi principali dal 2013 sono tre: l’Atp, a fianco della zona ristoro vicino all’ingresso, con il suo bel pratino a terrazza, assieme allo stage Sony e a quello dell’Heineken, due new entry dell’edizione 2014, che si guardano nella zona più a est del Forum. Tra questi si snodano gli altri otto stage presenti, cui va aggiunto l’auditorium, che a discapito della posizione poco felice (è fuori dal Forum) regala sempre delle chicche a cui è difficile rinunciare: i nomi di Sun Ra, Colin Stetson, Blixa Bargeld e Teho Teardo bastano?

IL PIANO DI BATTAGLIA

il pubblico

il pubblico

E’ molto importante quindi, che una volta registrati ed entrati, non vi lasciate prendere dall’euforia, magari iniziando a spendere vagonate di euro nelle decine di store ufficiali (negozietti di vinili, dischi e magliette ) , che vi accoglieranno. Prendete piuttosto il depliant che vi sarà gentilmente offerto all’entrata e studiate il vostro piano di battaglia. Se volete gustarvi il massimo che il festival può offrire, è fondamentale crearsi una tabella di marcia, ritagliandosi almeno un paio di ‘break’  per riposare e almeno un altro paio, per bere e mangiare qualcosa: pensate bene a dove e come intendete vivere i concerti! Un consiglio? Non seguite più di due concerti dalle prima fila, ma cercate qualche artista da ascoltare seduti sul fondo del “mucchio”, in qualche palco minore o presso l’auditorium… poi ripartite alla carica per l’ultimo paio di concerti notturni che vi interessano! Più di sei-sette live al giorno diventano difficili da reggere.

Sebbene il pubblico del Festival sia nella stragrande maggioranza un esempio di cavalleria applicata alla musica live vi troverete faccia a faccia con giovani inglesi e scandinavi, francesi del Midi, gay spagnoli, qualche indigeno e alcuni italo-pitechi. Questo a seconda del palco, dell’artista e del momento in cui si terrà l’esibizione

 Le esibizioni dei Big sono di solito concentrate tra le 21.30 e le 2, con tre concerti a “grado di intensità” e durata a salire. Prima, dalle 19.30 circa, sono concentrati i concerti “easy listening”, magari da ascoltare sdraiati con una birra fresca e un panino, così da prepararsi in buone condizioni ai momenti clou della serata. Dal secondo giorno in poi troverete questa partenza una necessità fisiologica se volete arrivare vivi a fine serata.

Impossibile pensare di riuscire a stare sotto il palco ad ognuna delle esibizioni, senza contare che quei cattivoni degli organizzatori hanno pensato bene di sovrapporre almeno due artisti “della madonna”, mettendoli a distanza siderale l’uno dall’altro. Quindi Neutral Milk Hotel o St. Vincent? Slint, The War On Drugs, Lee Ranaldo o The National? Mogwai o Nine Inch Nails? A qualcosa bisogna rinunciare: cercate di non lasciarvi “fregare” dai grandi nomi e, accanto a questi, non perdete l’occasione di girare per i palchi, passando dall’atmosfera da grande festival dei due palchi principali a quella più raccolta del Ray-Ban Unplugged al calore della Boiler Room, che dalle 2 regala sempre esibizioni degne dei migliori club londinesi o berlinesi, senza essere troppo affollata.

LA FAUNA

il pubblico

il pubblico

Se Milano ha la settimana della moda e Ascot è famosa per le corse dei cavalli e per i cappelli delle spettatrici, il Primavera Sound, sebbene non possa rivaleggiare con Glastonboury quanto a stravaganza e creatività nel vestire dei suoi visitatori, è comunque una divertente finestra sul mondo…che non c’è! Amanti del vintage, degli anni ’90 o degli anni ’60 e ’70, benvenuti nel vostro regno. L’inglese è la lingua ufficiale del festival, così come lo stile e la nazionalità di una buona fetta dei partecipanti, quindi affilate le vostre barbe, puntate verso l’alto i vostri baffi, rinforzate i vostri boccoli rosa (sic) e rispolverate i vostri hot pants…si va in passerella!  Sebbene a fine maggio a Barcellona il tempo di solito è così bello da far invidia alla California, pioggia e vicinanza con il mare possono giocare brutti scherzi…quindi la sera copritevi!

CIBO E BEVANDE

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Niente birre o bottiglie dall’esterno. La security del festival sa il fatto suo. Vegani e vegetariani non hanno nulla da temere perché l’offerta gastronomica all’interno delle varie postazioni all’interno del festival varia dai perritos (hot dog alla spagnola) agli hamburger veg e alla cucina thailandese, passando per i classici bocadillos, gli stand della pasta (italiani, la pasta meglio mangiarla a casa…) e dei dolci, dove gli spagnoli, catalani in primis, non hanno paura di esagerare. Tutto bello, peccato che i prezzi si aggirino sui 3 euro per un pacchetto di patatine, perritos e bocadillos, fino ai 6-8 euro per i piatti più “corposi”; siccome nessuno vieta di portare cibo dall’esterno, potrebbe essere una buona idea fare scorta di panini e piatti freddi “da casa”.

Capitolo bevande: acqua, coca, etc…vi piace la Heineken? No? Beh, dovrete accontentarvi, c’è solo quella. E la buona e fresca birra di Barça, la Moritz? Nada. Ormai la stellata azienda olandese domina il mercato dei festival musicale e nonostante abbia lo stesso sapore della Duff di Homer Simpson (provare per credere), vi toccherà scegliere tra quella, qualche Martini o cocktail dai prezzi che ricordano sinistramente quei locali del centro delle città italiane in cui voi “indigeni” non andreste mai, proprio per il loro costo. Peccato manchi il Club Mate, il miglior amico del clubber berlinese, sostituito dal famoso Toro Rosso dal sapore di sciroppo…

RICAPITOLANDO

 

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 Se non amate i festival affollati, il Primavera, soprattutto nella sua ultima, mastodontica versione, ha ormai perso il fascino “innocente” del piccolo festival indipendente di qualità. Gli Arcade Fire del 2005 d’altronde non sono gli Arcade Fire del 2014 e a furia di offrire line up spaventose, ormai anche il festival è cresciuto molto. I costi, rispetto ai concorrenti tedeschi, danesi e norvegesi restano più che buoni (180 euro circa di media per i tre giorni, abbonamento che dà diritto di accesso alle due giornate di preview e all’ultimo giorno di “coda”), anche se sono saliti di molto rispetto a gli anni scorsi; la qualità offerta però li vale tutti.

Se amate un ambiente più raccolto e meno “casinaro”, c’è poi la possibilità di “migrare” al festival gemello di Oporto (Kurt Vile, Neutral Milk Hotel, Slowdive e Pixies gli headliner), il Nos Primavera, che ricorda un po’ le atmosfere più intime del festival catalano di qualche anno fa e a prezzi inferiori.

Se invece amate l’elettronica e il Primavera vi sembra un raduno di amish in vacanza, beh, a qualche giorno di distanza dal festival di Barcellona, presso il Parc del Forum c’è il Sonar Festival…ma questa è un’altra storia.

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PRIMAVERA SOUND

Periodo di svolgimento maggio

Location Parc del Forum

10 palchi band da tutto il mondo

160 euro per 3 giorni di musica live

genere rock

Visita il sito dell’evento per maggiori info

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Author: Daniele Valisena

Ventotto anni, reggiano, trapiantato nella (poco) ridente Sabbione dalle vicissitudini della vita, Daniele ha Parigi nel cuore, il Wisconsin nelle orecchie (Justin Vernon, ora pro nobis…) e Berlino nella testa, anche se con immagini e ricordi un po’ confusi. Giornalista per caso, storico per vocazione e alleniano ortodosso, sogna luoghi lontani, ma conosce solo le capitali della vecchia Europa (e con Londra, musicalmente saremmo anche a posto). Degli Stati Uniti apprezza il nordovest (Pearl Jam, Seattle…), sopporta il Midwest per David Foster Wallace, New York per quel genio e maestro di vita che è Julian Casablancas e contempla l’esistenza del Texas solo per i San Antonio Spurs. I Radiohead sono la sua lente musicale sul mondo, ma ha una passione segreta per le tirate romantiche alla Beirut e l’elettronica tedesca; si capisce come i suoi giudizi siano ben poco equilibrati.

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